Banksy ha ucciso la street art. Viva Banksy!

Banksy ha ucciso la street art. Viva Banksy!

27 Febbraio 2024

Al Museo M9 di Mestre arrivano oltre settanta opere di Banksy, tra cui il trasporto eccezionale dei muri Season’s greetings, Robot/Computer Boy e Heart Boy, mentre a Venezia è tutto predisposto per il restauro del Migrant Child. Dagli esordi fino agli interventi più recenti, un’enciclopedia completa del re della street art.

 

Tre muri originali di Banksy stanno viaggiando per l’Italia. Dopo la tappa alla Villa Reale di Monza approdano ora a Mestre, a M9–Museo del Novecento dove costituiscono il pezzo forte della mostra curata da Sabina De Gregori Banksy. Painting Walls (23 febbraio-2 giugno 2024), prodotta da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con M9 e con il sostegno di Banca Ifis.

Il più impressionante dei tre è certamente il famoso Season’s Greetings che, dal vivo, ricompone il dispositivo di sorpresa contenuto nell’idea dell’artista. Alla fine di dicembre 2018, per gli auguri di Natale, Banksy sceglie Port Talbot e, in particolare, l’angolo di un garage in modo da poter sfruttare le due pareti ortogonali. Port Talbot è una cittadina operaia del Galles la cui economia dipende dalla più grande acciaieria della Gran Bretagna e che è stata classificata una delle aree più inquinate del paese. Su un lato dell’edificio l’artista appone lo stencil un bambino con una slitta che innocentemente gioca a mangiare dei fiocchi di neve, ma basta girare l’angolo per scoprire che si tratta invece di un particolato di ceneri che esce da un cassonetto in fiamme. Ribaltamento di una immagine, effetto choc e veicolazione amplificata di media istituzionali e profili social, messaggio provocatorio e di denuncia consegnato e ricevuto da milioni di persone: questa è l’operazione in stile Banksy che, a distanza di tempo e astratta dal suo contesto di origine, ancora va a segno. Ma il punto che la mostra vuole sollevare, anche per distinguersi nella massa di “esposizioni non autorizzate” – ovvero nella produzione delle quali l’artista non è coinvolto –, non si esaurisce qui e la contraddizione che vuole segnalare è contenuta nella fine di questa storia.

Il cortocircuito Banksy
All’epoca Season’s Greetings viene immediatamente messa in sicurezza con recinzioni per proteggerla dall’affollamento dei curiosi (arrivano 20mila persone in un mese) e il proprietario dei muri, un operaio dell’impianto siderurgico, prima si accorda con la municipalità per trasferirlo in un museo e poi decide di venderlo a un mercante d’arte che accetta di lasciarlo in città per tre anni. In meno di sei mesi viene già trasferito in una sede espositiva e nel 2022 finisce in un deposito in attesa di essere acquistato dall’attuale proprietario, un collezionista privato. Una vicenda esemplare che scoperchia una serie di questioni che accolgono il visitatore all’ingresso della mostra: qual è oggi il senso di una arte che nasce urbana e pubblica se viene rimossa dalla strada, sradicata, protetta da vetri, inserita in musei o in raccolte private? Di un’arte che nasce illegale e irregolare, diventa popolare e per tutti, e poi raggiunge cifre stellari in asta? Come si tengono insieme l’atto vandalico, lo strumento di rigenerazione sociale e il sistema elitario del mercato dell’arte? Con una sola parola: Banksy.
Non solo la sua carriera condensa tutta la parabola della street art ma lui è l’epitome e, ancora di più, il propulsore di quello che è accaduto di questa forma artistica. Non appena compare un suo stencil su un muro, sostiene Sabina De Gregori, si attiva un processo di consacrazione che lo rende un oggetto di culto. Portando fisicamente i tre muri a Mestre, la mostra intende quindi esporre prima di tutto questo paradosso che l’artista incarna. Più di chiunque altro ha contribuito al successo e alla popolarità della street art e conseguentemente alla sua mercificazione; è partito dalla strada ma fin dall’inizio ha voluto entrare nei luoghi istituzionali e lo ha fatto piazzando furtivamente le sue opere nei principali musei del mondo (che se le sono tenute); è diventato un brand con un proprio ufficio autentiche ma contesta il mercato dell’arte. “È una fase di passaggio per la street art, forse c’è bisogno di trovare nuove parole per definirla. – dice De Gregori – Si è esaurito il suo spirito iniziale, oggi quasi tutte le opere sono su commissione, spesso di concerto con l’autorità pubblica, e gli street artist espongono nelle gallerie. Banksy è il maggiore interprete di queste contraddizioni, colui che ha decretato la fortuna della street art ma che allo stesso tempo l’ha uccisa”. Interventi che erano nati come temporanei e provvisori sono soggetti a fenomeni di musealizzazione, vengono staccati come si fa per gli affreschi antichi per favorirne la conservazione o per essere venduti. “Anche per questo abbiamo voluto trattare questi muri come reperti archeologici, testimonianze di un’altra epoca. Sono consapevole che ci saranno polemiche ma, da storica dell’arte, sono istintivamente portata alla conservazione e alla tutela”, spiega la curatrice. Il dibattito è in corso e investirà anche il restauro finanziato da Banca Ifis di Migrant Child, lo stencil da muro realizzato cinque anni fa a Venezia nel sestiere di Dorsoduro. Una discussione che animerà gli addetti a lavori, ma sulla quale il pubblico, che continua ad accorrere per vedere le opere dell’artista di Bristol, sembra essere unanime.

Il museo è aperto
E in questo potere virale di richiamo sta un’altra ragione della mostra in un museo di nuova generazione come M9 – Museo del Novecento, inaugurato nel 2018, voluto da Fondazione di Venezia per il rilancio del contesto cittadino e per diventare un polo di aggregazione urbano. Banksy – Paintings Walls è quindi un invito ad avvicinarsi, ad entrare, rivolto soprattutto ai più giovani, i più sintonizzati con la street art, con i temi ambientali e sociali dell’artista ma anche abituati all’ironia irriverente e caustica del linguaggio dei meme. Con l’intenzione di rendere ancora più permeabile il museo, per dodici sabati fino al 1° giugno, i muri esterni di M9 saranno lo sfondo di una serie di live painting coinvolgendo street artists e writers attivi in Veneto: in questo caso le opere saranno effimere, ogni settimana un artista ricoprirà il lavoro del precedente. Talk, incontri e lezioni gratuite, invece, trarranno spunto dalle opere di Banksy per raccontare l’evoluzione del capitalismo e della società dei consumi, in linea con la missione del museo incentrata sulla storia del XX secolo. “Le guerre e l’industrializzazione, le icone sociali e commerciali, i parchi di divertimento e le produzioni musicali, i personaggi simbolo e le grandi catene, i vincitori e le vittime, le rivoluzioni e il conformismo: ogni aspetto di questo secolo complesso – dice la neodirettrice di M9 Serena Bertolucci – viene in questa mostra posto sotto la lente del pensiero e della libertà e trova sponda nel percorso permanente di M9 che così, se possibile, acquista nuova energia e profondità in un dialogo tra i modi di narrazione e di trattazione della Storia e delle storie”.

 

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