Rosa Genoni e l’invenzione del Made in Italy

Rosa Genoni e l’invenzione del Made in Italy

3 Settembre 2024

Ultimi giorni per visitare a Padova la mostra dedicata alla pioniera della moda italiana e dei diritti delle donne.

“Negli ultimi vent’anni è avvenuta in Italia una tale trasformazione in senso di modernità nelle idee, nei costumi e nei rapporti sociali, soprattutto nei grandi centri, che tutti quelli che lottarono e lottano ancora per un migliore avvenire, possono sentirsi confortati e incoraggiati nell’opera loro, per modesta che sia”. A scrivere nel 1907 è Anna Kuliscioff, la rivoluzionaria russa tra i fondatori del Partito Socialista Italiano. Il messaggio che dedica a un’amica a margine di una sua foto si può vedere nella mostra “Rosa Genoni. L’artefice del Made in Italy. Vita, Moda e Arte” a Palazzo Zuckermann (fino all’8 settembre). La destinataria è proprio Rosa Genoni (1867-1954), pacifista e protofemminista ma anche sarta e stilista, colei che ha gettato le basi per uno stile italiano nella moda. La piccola ma densa esposizione allestita nella sede del Museo di Arti Applicate di Padova, realizzata con il contributo di Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, rende omaggio attraverso bozzetti, documenti, foto, figurini, prototipi e abiti provenienti al genio di questa donna che per tutta la vita ha coniugato attivismo e moda.

A portare a Parigi la giovanissima sarta valtellinese nel 1884 è infatti un convegno sulle condizioni dei lavoratori, ma a convincerla a restare è la volontà di imparare i segreti delle maison francesi che dettano legge in tutta Europa. Tre anni dopo torna a Milano con molta esperienza e soprattutto una visione di come la moda italiana avrebbe potuto sviluppare una filiera produttiva ed emanciparsi dalla sudditanza da quella d’oltralpe.

Nel 1888 inizia a lavorare per la storica casa di moda H. Haardt & Figli di cui assume la direzione nel 1903 con oltre 200 persone alle sue dipendenze. Il suo progetto di modernizzazione dell’industria dell’abbigliamento si basa sulla valorizzazione delle realtà artigianali nazionali e sulla ripresa del patrimonio artistico e del folclore popolare italiani come fonte creativa di forme, decori, cromatismi.

Nel 1906 partecipa all’Esposizione Internazionale di Milano con uno stand a suo nome proponendo abiti che reinterpretano la storia dell’arte italiana e conquistando il Gran premio della giuria internazionale. In mostra a Palazzo Zuckermann i bozzetti, le prove di ricamo e le foto dei modelli Primavera e Pisanello, rispettivamente un abito da sera ispirato alla Flora di Botticelli e un mantello ripreso dai disegni del pittore quattrocentesco.

Nel 1908 interviene al Primo Congresso delle Donne Italiane con la relazione “L’arte dell’abbigliamento” in cui sostiene pubblicamente la necessità della nascita di una moda italiana, affrancata da quella francese e in grado di generare valore culturale e prosperità per il nostro paese.

Genoni era convinta del potenziale economico del settore ma anche del suo nesso con l’emancipazione femminile: circa l’85% della manodopera tessile era rappresentata da donne, vessate da discriminazione salariale e pesanti condizioni lavorative. Di contro, come aveva sperimentato in prima persona, è in questo ambito che le donne possono trovare spazio, riconoscimento e autonomia. Da qui un’altra delle sue battaglie che passa per l’insegnamento: dirigerà per quasi trent’anni la sezione di Sartoria presso la Scuola Professionale Femminile della Società Umanitaria di Milano, che aveva lo scopo di fornire un’istruzione alle classi disagiate. Vi introdurrà il primo corso di Storia del costume e dal 1918 utilizzerà una forma didattica inedita e moderna: le diapositive. Testimonianze di questa attività sono esposte in mostra: gli appunti delle lezioni, le prove delle studentesse, le diapositive prodotte dall’Istituto Minerva di Roma, il primo manuale italiano di Storia della Moda (1925).

Con il marito, l’avvocato Alfredo Podreider, aprirà all’interno del carcere di San Vittore un laboratorio di sartoria per permettere alle detenute di apprendere un mestiere, un gabinetto igienico-sanitario e un asilo nido per i figli delle carcerate.

Il suo impegno umanitario si esprimerà pienamente nella Grande Guerra con l’assistenza ai profughi e ai prigionieri italiani e la sua militanza continuerà per tutta la vita. Sarà l’unica delegata italiana al Congresso Internazionale delle Donne per la Pace a L’Aia nel 1915 e sarà l’anima della sezione italiana della Women’s International League for Peace and Freedom.

Il suo manifesto è l’abito Tanagra, creato sulla base dello studio dei panneggi della statuaria antica.  Il nome deriva dalle statuette muliebri in terracotta del III secolo a.C. rinvenute durante degli scavi presso l’omonima località in Beozia nel 1870 e mostrate al pubblico per la prima volta all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1878. Pensato per vestire la donna moderna, la libera da corsetti e si appoggia in modo fluido e scivolato sul corpo, così da lasciare agio nel movimento. Era un abito trasformabile, grazie a pannelli di stoffa che si potevano adattare in drappeggi a seconda dei diversi contesti e momenti della giornata. Rosa lo indossa programmaticamente al convegno del 1908 e sarà poi scelto dall’attrice Lyda Borelli per una pièce teatrale a Milano, decretandone il successo. Lo si può ammirare in mostra, così come un abito recentemente ritrovato nella casa di famiglia: il costume di scena Covoni a cui Rosa, legata dal 1911 all’antroposofia, lavora per l’opera medianica Anima che doveva essere rappresentata in Svizzera al Goetheanum, il centro della disciplina steineriana.

La nascita ufficiale del Made in Italy si considera fissata nel 1951 con la sfilata a Palazzo Pitti a Firenze voluta dall’imprenditore Gian Battista Borghini. Innovatrice, mentalità creativa e pratica allo stesso tempo, precorritrice, Rosa Genoni l’aveva prospettata mezzo secolo prima.

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