Il designer Carlo Bimbi torna nella città natale per una mostra antologica dedicata alla sua carriera professionale e artistica dagli anni sessanta a oggi.
Con l’opera “L’Ultima Cena a Volterra (insieme)” Bimbi riannoda i fili con la sua terra attraverso l’alabastro, auspicando per questa pietra e l’artigianato locale una resurrezione, dice Roberto Pepi, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.
Nel 1970 abiteremo in un blocco?” titolava alla fine del 1969 il Corriere della Sera commentando le nuove ricerche che in quel momento ripensavano il modo di vivere e arredare l’interno domestico: non più mobili addossati alle pareti ma “strutture per abitare” come le definiva Joe Colombo o “contenitori umani” secondo Ico Parisi. Tra i migliori esempi di queste sperimentazioni nell’articolo veniva citato il blocco multifunzionale Tuttuno di Carlo Bimbi e Nilo Gioacchini. Una macchina abitativa cubica da collocare al centro della casa che conteneva un salotto sopraelevato e un letto, una cassettiera, una libreria e un tavolo estraibili; un piccolo microcosmo per dormire, mangiare, conversare, leggere, “proponendo una diversa dimensione di vita culturalmente più nuova e stimolante”, recitava la pubblicità della ditta produttrice Giosuè Turri e figli. L’involucro esterno era in laminato plastico serigrafato a strisce nelle tinte moda, lilla e viola, ma poteva essere colorato e disegnato a piacere. Tuttuno è stato poi esposto nel 1972 al MoMA di New York alla celeberrima mostra “Italy: The New Domestic Landscape”, che ha sancito internazionalmente la reputazione del design italiano, ed è entrato a far parte della collezione permanente del museo.
A Carlo Bimbi dedica una retrospettiva la Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra presso il Centro Studi Espositivo Santa Maria Maddalena dal 2 settembre 2023 al 6 gennaio 2024, a cura di Maria Luisa Guarducci.
A Volterra Carlo Bimbi è nato il 28 dicembre 1944 – quindi all’epoca della progettazione di Tuttuno non era nemmeno venticinquenne. Dopo il diploma all’Istituto d’Arte della sua città, si laurea in disegno industriale con Pierluigi Spadolini all’ISIA di Firenze. È lì nel novembre del 1966 quando si scatena l’alluvione e in quelle settimane sta preparando con il professore e altri studenti gli elaborati per partecipare all’Esposizione Universale di Montreal del 1967. Muove le prime esperienze lavorative nello studio di Marcello Nizzoli a Milano, dove trova Alessandro Mendini. Dagli anni settanta torna nel capoluogo toscano e inizia la propria pratica professionale fondando Internotredici Associati e, poi, prosegue autonomamente dal 1985 come Carlo Bimbi Design. La sua solida e duratura carriera è incentrata sulla progettazione di arredi e oggetti d’uso per le principali aziende del settore.
La mostra “Carlo Bimbi tra arte e design” segue l’iter del designer e lo associa a un altro filone creativo, che è stato talvolta messo in secondo piano ma non si è mai esaurito, quello dell’artista. Anzi, raggiunto questo punto dell’esistenza, sta forse riprendendo il sopravvento.
A partire dalla formazione Bimbi si esercita su questo doppio binario: da una parte la libertà espressiva della pittura, dall’altra il rigore e la precisione del disegno tecnico. Lo attestano bene due opere giovanili: “Il Cardinale”, quadro del 1961 vincitore di un concorso per giovani artisti locali, e il rilievo del 1965 della sedia mod. 68 per Artek di Alvar Aalto, dove l’abilità della rappresentazione sta nell’esattezza del dettaglio e nella comprensione di come è fatto l’oggetto. Le opere pittoriche provenienti dalla collezione privata di Bimbi sono quindi accostate alle tavole grafiche per l’esame di Estetica sull’evoluzione stilistica dello scooter o a quelle della tesi di laurea, con cui nel 1968 immaginava già un mezzo di trasporto individuale urbano a trazione elettrica. Così l’excursus dei principali oggetti di design lascia spazio, progressivamente sempre di più, alle opere artistiche che trattengono e trasformano in astrazione alcuni dei segni iconici della sua altra produzione.
Una pratica si trasfonde nell’altra: la forma di una lampada diventa il fondale metaforico dei suoi teatrini-scultura. Il culmine di questo percorso è l’istallazione “L’Ultima Cena a Volterra (insieme)” (2022), che condensa il design e lo distilla nell’arte: un tavolo in acciaio corten è allestito con piatti di alabastro che contengono frutti colorati. La visione si raddoppia in uno specchio a cui è appoggiato il tavolo tra concreto e immateriale. Luci a led rendono i piatti rifulgenti enfatizzando il contrasto con la patina rugginosa del piano metallico. Un’ultima cena senza commensali che rende omaggio alla materia simbolo di Volterra, l’alabastro. Una materia unica che possiede la qualità di essere translucente, diafana, una qualità quasi mistica a cui la mostra allude con il rimando al versetto dantesco “…che parve foco dietro ad alabastro.