A Roma, fino al 26 maggio, un’ampia retrospettiva celebra il pittore romano interprete di un quotidiano poetico e incantato. Una mostra resa più inclusiva grazie a un progetto digitale in realtà aumentata.
Schivo, introverso, riservato, questi attributi ricorrono nella descrizione di Antonio Donghi (1897-1963) a cui è dedicata l’omonima mostra a Palazzo Merulana, con un eloquente sottotitolo “La magia del silenzio”. Tratti caratteriali che hanno contribuito ad alimentare un alone di mistero intorno alla sua arte il cui stile di pittura è stato subito assimilato al “realismo magico”, tendenza identificata dal tedesco Franz Roh nel 1925.
La retrospettiva riunisce 34 tele che illustrano vent’anni di carriera, i più fecondi, e ha trovato casa nella sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, dalla cui collezione provengono tre capolavori in mostra. Il nucleo più consistente di opere, ben 16, arriva dalla UniCredit Art Collection; due prestiti, invece, i prestiti di Banca d’Italia.
La forma di magia che Donghi pratica, con crescente maestria negli anni trenta e quaranta, sembra essere l’incantesimo. Nei suoi quadri, soprattutto le figure umane sembrano sospese in un tempo fuori dal tempo, come se l’atmosfera fosse solida e loro fossero immobili ma presenti e vigili. Il confine tra animato e inanimato sembra confondersi senza che questo induca ansia o timori, semmai il contrario. Anzi lo spettatore beneficia di questa sensazione, quasi una intuizione, di potersi sottrarre allo scorrere incessante, al fluire pressante e provare una diversa qualità del respiro.
Magia e silenzio, quiete e incanto ritornano frequentemente quando si parla di Donghi. Se il silenzio si crea, allora il suono che si potrebbe sentire sarebbe proprio quello di un respiro, di chi guarda, di chi è ritratto, degli oggetti e persino dello spazio che li contiene. Il pittore romano non è certamente l’unico a praticare questa dimensione rarefatta, ma alla sua maniera contribuisce una specifica radiosità della luce e dei colori, anch’essi mai chiassosi o stridenti, e le forme, prive di linee spigolose e taglienti.
Quello di Donghi, dice Benzi, è “un realismo senza naturalismo, in cui la natura non è più naturale ma diventa un’idea astratta”. Della realtà mantiene tutti i connotati, tenendosi a distanza dall’inquietudine della Metafisica, con cui pure condivide l’accelerazione di alcuni piani prospettici, o dalle bizzarrie surreali del sogno, di cui contrasta l’intellettualismo con la prosaicità delle sue figure popolane. I soggetti di Donghi sono totalmente tradizionali – ritratti, paesaggi, nature morte –, “una tradizionalità che scuote attraverso tagli fotografici, cinematografici molto moderni e soprattutto rappresentando i suoi personaggi come se fossero un’immagine platonica”, continua Benzi. Il cinema era certamente una suggestione per l’artista che si interessa per i suoi quadri anche ad altre forme di spettacolo come il teatro, il varietà e il circo.
Un’altra ispirazione deriva dalla storia della pittura, principalmente italiana e fiamminga. “Ho guardato i grandi pittori del passato, senza esagerare, ossia senza prendere da essi motivi di composizione e atteggiamenti”, aveva dichiarato egli stesso, come ricorda un pannello in mostra. Le sue citazioni non sono palesi e si rivelano nei dettagli. Un esempio trapela dai suoi ritratti: una costante degli sguardi frontali dei suoi personaggi è che non sono mai perfettamente centrati, c’è un leggero disassamento dell’iride e della pupilla verso sinistra, la parte opposta a quella da cui proviene la luce. Questo accorgimento si può rinvenire nelle tele rinascimentali, soprattutto in Raffaello, e induce nell’osservatore un lieve spaesamento.
L’aura di mistero che circonda l’artista riaffiora nell’individuazione dei riferimenti da cui dipende la genesi del suo stile che si manifesta in una manciata di mesi tra la fine del 1922 e l’inizio del 1923. Nella mostra questo salto stilistico è marcato separando fisicamente le tre tele dipinte tra il 1920 e il 1922 dalle opere successive. Basilica di Massenzio, Il minatore, La Fontana dei cavalli marini, provenienti dalla raccolta UniCredit, accolgono il visitatore e non lasciano in alcun modo presagire l’improvviso cambio di passo che avverrà di lì a poco con Le Lavandaie, senza alcun passaggio intermedio. Benzi ravvisa la soluzione di questo enigma critico nella frequentazione della Galleria Bragaglia dove Donghi fu folgorato dalla personale di Ubaldo Oppi nel maggio 1922 – e dove lui stesso esporrà nel 1924 –, unitamente all’influenza del clima culturale romano che gravitava intorno al Caffè Aragno, a Roberto Longhi e a Ugo Ojetti. Donghi coglie quindi uno spirito dei tempi facendolo suo in modo originale e ricevendone indietro un immediato riconoscimento.
Donghi, in dialogo con i maestri antichi così come con i suoi contemporanei, in questa mostra si trova a interagire con i visitatori del XXI secolo grazie alle istallazioni digitali performative di Nuvola Project. Attraverso un’applicazione scaricabile con un QR code, il progetto anima virtualmente otto opere della collezione Cerasi, cinque grazie a finanziamenti del MiC e tre di UniCredit: Le Lavandaie e Gita in barca di Antonio Donghi e Primo Carnera di Giacomo Balla. L’operazione integra in realtà aumentata anche l’interpretazione di una attrice segnante in LIS per la perfetta accessibilità dell’esperienza di fruizione alle persone sorde.
“Siamo davvero felici di essere Main Sponsor di questa importante mostra – ha dichiarato Roberto Fiorini, Regional Manager Centro Italia di UniCredit – e di aver contribuito con sedici opere provenienti dalla nostra collezione Donghi esposta a Palazzo De Carolis. UniCredit ha una lunga tradizione di sostegno delle arti e della cultura e intende rendere l’arte accessibile a tutti. Continueremo a diffondere la conoscenza e l’esperienza artistica come fattore di inclusione, crescita e sviluppo. Va in questa direzione anche il nostro contributo, attraverso Carta Etica, alla realizzazione di Palazzo Merulana AR, una serie di istallazioni artistiche digitali in realtà aumentata per garantire un’esperienza artistica completa e accessibile a tutti”.
Sempre con l’intento di rendere l’arte accessibile, il gruppo bancario ha da poco lanciato il sito web UniCredit Art Collection, con una prima selezione di pezzi della sua importante raccolta d’arte. A questo proposito, leggi la nostra news.