Perchè le banche investono in cultura?

Perchè le banche investono in cultura?

12 Giugno 2024

di Guido Guerzoni e Camilla Barozzi

Sono molteplici e di varia natura i benefici che una istituzione finanziaria può conseguire dal produrre o investire in iniziative culturali. Guido Guerzoni, docente della Bocconi e AD di Formules, società di consulenza strategica per il settore culturale e le industrie creative, e Camilla Barozzi, Consultant di Formules, li analizzano per è cultura!.

Le banche e le aziende operanti nel settore bancario o –  latu sensu – dei financial services  esercitano un ruolo determinante nel campo degli investimenti nel sociale, nell’arte e nella cultura, nell’educazione e nelle pratiche sportive. Alla base di queste strategie vi sono molteplici motivazioni, dalla volontà di migliorare la propria reputazione al desiderio di contribuire allo sviluppo economico locale, dal coinvolgimento degli stakeholder al riposizionamento dei brand.

La nozione generativa è quella di Corporate Giving, che definisce: l’insieme delle donazioni, elargizioni, liberalità erogate da un’impresa bancaria a favore di organizzazioni, individui e iniziative aventi utilità sociale e ambientale, funzione che può essere esercitata direttamente o tramite enti strumentali dedicati e che si esprime attraverso erogazioni monetarie oppure conferimenti in natura (proprietà, prodotti, servizi, diritti, pubblicità, volontariato, etc.).

Oggi esistono numerose modalità con cui un’azienda può contribuire a una qualsivoglia causa in varie forme, che ammettono diverse possibilità di interazione tra obiettivi etici ed imprenditoriali modulabili a seconda delle volontà e specificità degli istituti, tra cui erogazioni liberali, attività di sponsorship, cause-related marketing, joint promotion e joint fundraising o programmi di volontariato.

Spiccano infatti – oltre a molti enti non commerciali – le iniziative delle imprese del settore bancario e assicurativo, unitamente a quelle del mondo della moda, del design e del lusso (basti pensare ad Alessi, Armani, Laura Biagiotti, Bulgari, Fendi, Ferragamo, Gucci, Frau, Pinault, Prada o Trussardi), ma sono in costante crescita le iniziative degli studi professionali, delle società di servizi, dei grandi player della consulenza e delle aziende manifatturiere, che in alcuni casi valorizzano l’heritage storicizzato, in altri acquistano o commissionano produzioni contemporanee, spesso site specific e in altri ancora realizzano interventi di arte pubblica: si pensi, a tal proposito, al progetto “Una boccata d’arte ” della Fondazione Elpis, che dal 2020 finanzia ogni anno la realizzazione di venti installazioni artistiche site specific di altrettanti artisti italiani in venti borghi tricolori, scelti – uno per regione – tra quelli più ricchi di storia, tradizioni secolari e bellezze paesaggistiche.

Le imprese bancarie italiane svolgono un ruolo determinante in questo campo investendovi centinaia di milioni di euro all’anno e intervenendo nel settore con regolarità, senza dimenticare il supporto offerto indirettamente alle fondazioni di origine bancaria, le cui erogazioni dipendono per buona parte dai dividendi delle banche di cui sono rimaste azioniste. Secondo il Rapporto ACRI (2023), che indaga le attività realizzate e le modalità di intervento delle 86 Fondazioni di origine bancaria:

  • 84 Fondazioni hanno investito in Arte, Attività e Beni culturali (praticamente la totalità dei soggetti erogatori);
  • La categoria Arte, Attività e Beni culturali risulta assorbire la quota più elevata di risorse: € 246,9 milioni (26% delle erogazioni totali), per 7.849 interventi (36,8% del totale).

Quali sono le ragioni che spingono gli istituti bancari a interagire con questo settore?

Negli ultimi anni è cresciuta in Italia e nel mondo la consapevolezza che gli investimenti in arte e cultura rappresentano una fonte di vantaggio competitivo oltre che un fattore dinamico capace di mettere in moto le energie di un determinato contesto, valorizzando il patrimonio culturale, materiale ed immateriale. Questa scelta contribuisce a rafforzare la reputazione dei brand, testimoniandone la responsabilità sociale, sviluppando nuove azioni di marketing e radicando le attività delle imprese nei territori di riferimento.

È inoltre fondamentale l’interazione con le nuove generazioni, che osservano con attenzione le azioni aziendali in termini di impegni ESG, fondando su di esse i propri giudizi sull’attrattività degli employer (classifiche in cui le imprese del settore bancario stazionano stabilmente nelle ultime posizioni) e basando su di esse le proprie scelte di carriera. Basti pensare che quasi la metà (46%) dei Gen Z e dei millennial ha rifiutato una proposta di lavoro sulla base della propria etica personale e che coloro che sono soddisfatti dell’impatto sociale e ambientale dei loro datori di lavoro e dei loro sforzi per creare un ambiente diversificato e inclusivo rimangono per più di cinque anni nel medesimo luogo di lavoro. In questo senso l’arte e la cultura sono dei formidabili punti di apertura di una conversazione.

Altri benefici dall’interazione sono gli effetti positivi sul brand, l’associazione dell’immagine e della comunicazione ad attributi artistico-culturali, che ne aumentano la percezione di esclusività e pregio, così come le sinergie, le contaminazioni e le ibridazioni che si creano tra questi due mondi. Le iniziative culturali garantiscono visibilità al brand e influiscono positivamente sull’immagine pubblica dell’impresa, contribuendo alla promozione indiretta dei valori aziendali. Investire in eventi o progetti culturali è anche un modo per entrare in contatto con le comunità locali: soprattutto quando l’investimento è legato al territorio, la sponsorizzazione diventa un mezzo per integrare l’azienda nel tessuto sociale nel quale opera.

Importante citare anche gli incentivi fiscali vigenti In Italia che supportano e promuovono l’investimento privato nei settori creativi, come l’Art Bonus, che garantisce un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura, rendendo gli investimenti in cultura, rispetto ad altri settori, più convenienti.

I benefici di tali sinergie non sono solo rivolti verso l’esterno, ma anche verso l’interno, a partire dal miglioramento delle relazioni con i clienti e dall’interazione con un pubblico variegato in modo positivo. Partecipare a progetti culturali offre l’opportunità di entrare in contatto con altre imprese, istituzioni e professionisti, creando nuove opportunità di business e partnership. Da ultimo, si cita l’effetto positivo della cultura nella promozione del capitale umano del personale interno, che grazie ad attività di questo tipo consente ai dipendenti di lavorare sul proprio sviluppo personale e professionale. Questo può tradursi in un ambiente di lavoro più positivo e attento alle passioni e inclinazione dei più.

Oltre al corporate giving, anche il collezionismo aziendale rappresenta uno strumento fondamentale per gli istituti bancari per rivitalizzare luoghi e territori, coinvolgere le comunità residenti e gli stakeholder locali, in particolar modo quando le opere sono accessibili al pubblico in spazi aperti permanentemente, sottolineando il ruolo fondamentale che l’arte e la cultura rivestono nella società contemporanea. Non è infatti un caso se anche tali attività siano spesso contemplate nelle politiche di Responsabilità Sociale d’Impresa, con la creazione di esposizioni ad hoc, la concessione di prestiti per esposizioni temporanee o la donazione di opere a istituzioni pubbliche.

Se tra i privati le principali motivazioni delle pratiche collezionistiche sono la passione individuale, la sensibilità all’arte, la volontà di supportare artisti, intellettuali e creativi e la prosecuzione di tradizioni familiari, il fenomeno delle corporate collection ha invece coinvolto negli ultimi anni un numero crescente di enti non commerciali ed imprese nazionali. La ricerca “Corporate collection in Italia” fornisce spunti interessanti: tali collezioni hanno un valore medio di circa €5 milioni di euro, il numero di opere e specimen varia da meno di 50 (nel 20% dei casi) a più di 3.000 (16%) e nel 53% dei casi prevalgono le opere di arte contemporanea, che nel 41% dei casi sono state realizzate da autori italiani e stranieri.

Fonti: Stabile S. (2024), ACRI (2023), Deloitte (2023), Paolino C. (2019) e Guerzoni G. (2017)

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